Una questione di educazione e un lento apprendistato per una divina illusione

"Così va per noi nella musica: prima bisogna imparare a sentire una figura e un'aria in genere, a enuclearla, a distinguerla, a isolarla e delimitarla come una vita a sé; poi bisogna sforzarsi e metterci buona volontà per sopportarla, nonostante la sua estraneità, usare pazienza verso il suo sguardo e la sua espressione, carità verso ciò che ha di strano: alla fine viene un momento in cui ci siamo abituati ad essa, in cui ce l'aspettiamo, in cui presentiamo che ci mancherebbe se mancasse. E ora essa esercita e continua a esercitare la sua coercizione e magia e non smette finché non siamo diventati i suoi umili ed estasiati amanti, che dal mondo non vogliono più niente di meglio di essa e ancora essa. Ma così va per noi non solo con la musica: proprio così abbiamo imparato ad amare tutte le cose che adesso amiamo. In conclusione, noi veniamo sempre ricompensati per la nostra buona volontà, la nostra pazienza, equità, dolcezza verso ciò che è estraneo, in quanto questo lentamente fa cadere il suo velo e si presenta come nuova, indicibile bellezza: è il suo ringraziamento per la nostra ospitalità. Anche chi ama se stesso lo avrà imparato per questa via: non c'è un'altra via. Anche l'amore bisogna impararlo."
(F.Nietzsche, la gaia scienza, IV, 334)

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