Grand Budapest Hotel

Per qualunque scrittore ogni atto di espressione è indissociabile da un tentativo di dare una forma al caos. Ma il caos non smette di attaccare la forma, e la forma non cessa di difendersi e definire i propri confini dal caos nell'originale opera di Anderson.
Tutta l'impalcatura di un enorme scenografica messa in scena appare affannosamente sull'orlo della crisi finale che la sta per travolgere, in attesa di uno scivolamento che sta per arrivare, di una catastrofe imminente, di cui in continuazione non possiamo non annusare il presentimento. Quasi per associazione si potrebbe apparentare questo presentire a quello più tetro e cupo rappresentato da Hanneke ne "il nastro bianco". Eppure c'è una grande differenza, perché quel gigantesco mondo delle buone maniere che è il Gran Budapest Hotel, sfidando ogni minaccia riesce in tono quasi farsesco a puntellare, stabilizzare e riaffermare la propria esistenza di facciata, a dispetto di ogni catastrofe incombente.
Non solo la guerra e gli eserciti incalzano la struttura da ogni parte quasi a tagliare le vie di fuga dei personaggi, e quasi a rendere asfittico lo spazio entro il quale possono muoversi, ma soprattutto è il tempo il vero nemico contro cui le forme dell'epoca devono lottare. L'impresa dei due protagonisti si confonde allora con quella dello stesso regista narratore, divenendo principalmente quella della salvezza delle forme e dei colori di un'epoca assediati e corrosi dalla guerra e dall'inevitabile progresso.
L'artificio proposto da Anderson risiede nella stessa struttura narrativa analettica da cui prende piede il racconto del racconto, ripetendo e moltiplicando esponenzialmente così lo sforzo di preservare la forma dal tempo che scorre. Dalla fine in un processo a ritroso, attraverso un racconto del racconto, arriviamo, infatti, a quel mondo della "belle epoque" che non c'è più, e che ormai vanamente si tenta di scimmiottare e ripetere in forme vuote e stereotipate nella maschera del presente. Ma paradossalmente è proprio il racconto che salva i vecchi colori e le vecchie maniere. Così, è la narrazione di questa distanza ormai incolmabile, nella forma di una perdita da elaborare, il vero nucleo che ci consegna Anderson. Il tentativo di dare forma alla realtà attraverso la memoria di una perdita, di una separazione definitiva, dal vecchio mondo della decadente nobiltà europea.
La storia di un ineluttabile smarrimento del fuoco, cui bisogna far fronte con la penna e la parola. 

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