La Famiglia Moskat - Isaac Bashevis Singer
Questo è il pane dell’afflizione che i nostri padri mangiarono in terra d’Egitto...
La meravigliosa epopea della famiglia Moskat, che Isaac Singer descrive nel suo romanzo più famoso, non è solo il ritratto dei costumi, dei riti, delle pratiche e dei cerimoniali di una famiglia ebraica aschenazita polacca tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo; essa è innanzitutto la traccia e l'ombra di un'oscura premonizione, di un male nero che incombe sulla casa di Israele: l'annientamento.
Il niente è il vero protagonista del lungo viaggio nel tempo della casata Moskat, il niente che si fa strada dalla sua assenza nell'origine, ma a cui, gradualmente, la sostanza di tutte le cose prodotte, sono anche ricondotte.
L'allontanamento dall'origine, è il peccato originale, tutto minaccia corruzione e perversione del popolo. La modernità e la secolarizzazione è il grande pericolo. La religione e i riti si irrigidiscono in Chassidismo, vengono abbandonati gli aspetti esoterici e misterici della parola di Dio, dimenticata la Kabbalah, e la virtù si confonde sempre di più col perseguimento di dogmi e regole astratte che non prescrivono nulla oltre alla loro vigenza.
Parallelamente, anche l'oro e le finanze del fondatore Meshulam, si diradano fino alla dissolvenza totale tra le faide dei suoi eredi. Se all'inizio, nelle mani del capofamiglia, il denaro, vivifica, sostanzia i rapporti sociali nella sua circolazione, nelle successive generazioni, la sua mancanza e quindi il suo bisogno e la spasmodica ricerca di quello, al contrario, incidono separazioni e feroci lacerazioni nel corpo familiare.
Le istituzioni crollano, i matrimoni non possono frenare le menzogne e le falsità dell'uomo borghese, il popolo eletto scopre la modernità, e cerca di convivere con essa tra azzardati sincretismi e finzioni rituali.
E' un oscuro romanzo sul divenire quello di Singer, in cui gli antisemiti, siano essi russi, polacchi o nazisti, dietro ad un'oscenità di menzogne gratuite e assurdi pretesti, sembrano quasi svolgere il biblico ruolo del messia liberatore, quello che castiga, ma anche ripara e redime la perdizione. "La morte è il messia. Questa è la verità". Il niente incombe perché il popolo ha perduto il fuoco, e tutto degrada verso il nulla. Il contraltare del fondatore Meshulam, allora, ben si incarna nel ruolo di un ebreo nichilista lettore di Spinoza, forse l'involontario distruttore delle fortune della famiglia Moskat, Asa Ashel, che in un momento di lucidità arriva a comprendere che le stesse leggi che governano il sole e la luna, sono le stesse che governano la vita e la morte e, in fondo, anche Mussolini ed Hitler e tutti i carnefici del proprio popolo. La storia possiede una sua economia, e le leggi che governano il mondo sono un mistero impenetrabile. L'ebreo moderno è colui che ha perduto la luce di questo mistero, ma narra la memoria di questa perdita, insieme con l'incombere del nulla all'orizzonte.
Ciò che è creato dal nulla contiene in sé il seme della sua corruzione e disfacimento e tende inevitabilmente e litanicamente a tornare nella sua culla. La letteratura è il solo mezzo che può accompagnare, nominare ed infine illuminare questo smarrimento originario, e consolarci quando ci accorgiamo nostalgicamente che non si può tornare indietro.
"Abbiamo lasciato la terra e ci siamo imbarcati sulla nave! Abbiamo tagliato i ponti alle nostre spalle – e non è tutto: abbiamo tagliato la terra dietro di noi. Ebbene, navicella! Guardati innanzi! Ai tuoi fianchi c’è l’oceano: è vero, non sempre muggisce, talvolta la sua distesa è come seta e oro e trasognamento della bontà. Ma verranno momenti in cui saprai che è infinito e che non c’è niente di più spaventevole dell’infinito. Oh, quel misero uccello che si è sentito libero e urta ora nella pareti di questa gabbia! Guai se ti coglie la nostalgia della terra, come se là ci fosse stata più libertà – e non esiste più “terra” alcuna!" (F.Nietzsche, la Gaia Scienza, 124).
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