Shiva Baby - Emma Seligman

shiva baby - biforcazioni
Fino ad oggi avevo raramente considerato determinante in un film il genere sessuale del regista. Insomma la regia non è un mondo di uomini da un po', Agnes Varda per me è un'istituzione, Sofia Coppola non mi piace ma ha fatto film molto intelligenti, Lina Wertmuller ha scritto un pezzo di cinema del nostro paese. Tuttavia, ho sempre cercato di pensare che neutralizzare la differenza di genere fosse concretamente prendere in considerazione l'estetica dell'opera in quanto tale, aldilà di ogni aspetto accessorio. Esaltare un lavoro significa in primo luogo considerare che esso possiede una sua intenzione, una sua direzione, indipendente dalle fortune e dalla contingente realtà del sesso e dell'orientamento sessuale o delle scelte politiche di chi lo compie. Per la prima volta sono stato costretto a pensarla in modo differente. Shiva Baby è una piccola gemma che mi ha messo di fronte alla prorompente differenza di una donna che cerca di padroneggiare, ma che il più delle volte viene irrimediabilmente padroneggiata, le dinamiche del sesso, della sessualità e del potere intorno ad esse. Danielle, interpretata da una promettentissima Sennott, infonde e modella la prospettiva femminile da cui leggere tutta la vicenda. E' una studentessa universitaria, la conosciamo subito di spalle in una grande stanza di luce mentre cavalca il suo "sugar daddy" Max, un professore universitario che paternalisticamente a fine rapporto elargisce alla ragazza del denaro per "aiutarla" nel continuare i suoi studi di legge. Danielle appare egemonizzare ed essere in pieno controllo della situazione, forse il rapporto economico che riduce la relazione a mero scambio, ne attutisce le derive sentimentali, in ogni caso presto verrà tutto messo sottosopra.

Shiva baby - biforcazioni
L'occasione è immediatamente offerta da una shiva ebraica, un periodo rituale dove tutti i parenti si ritrovano per vivere il lutto insieme ad altre persone e consumare i pasti della tradizione. Danielle si reca alla funzione insieme al logorroico padre e alla ingombrante madre. Ma subito da lontano si capisce che tutto andrà per il verso sbagliato. Prima l'incontro con la ex fidanzata Maya, poi con lo sugar daddy Max, porranno in questione alcuni aspetti esistenziali che la giovane aveva sempre immaginato di poter dominare e controllare. Qui inizia una narrazione iperbolica e asfittica in cui Seligman dipinge l'universo femminile in un cambio di tonalità così controllato e intelligente ma che svaria dai tratti di follia vendicativa di Medea, fino alla prorompente vitalità di madame Bovary, passando per la goffa trivialità di Bridget Jones, senza che niente possa mai suonare stonato o eccessivo. La vicenda del banchetto ebraico, in cui il cibo avidamente trangugiato, poi il pasto rifiutato, quello masticato, sputato fa da sfondo, ripete e rimette in scena la sessualità e le frustrazioni e ne amplifica le ansie. L'universo della narrazione si fa gonfio di cibo e di sesso quasi come in un film di Ferreri. Danielle è assediata in tutti i modi dai suoi desideri, da un futuro che sfugge da tutte le parti, dalle sue ansie predatorie. Sì, una donna poco più che adolescente desidera, né più né meno di un uomo, essere amata, e con questo irretire e prendere in trappola, tenere in scacco, o pensate voi tutti altri termini che conferiscano alla relazione anche un aspetto di potere. Ebbene lo vuole ancora di più quando comprende compiutamente che non possiede ciò che pensava di possedere, ovvero l'attenzione e il pieno desiderio del suo sugar daddy Max, che ad un certo punto presenta alla Shiva la propria moglie, una donna bellissima, ricca e affermata, e il proprio figlio appena nato, il cui pianto diventa la colonna sonora di tutto il resto del film. La trama si avviluppa in un vortice tempestoso, ma specie nelle pieghe dei rigidi dettami dell'ortodossia ebraica, non rinuncia affatto ad aspetti comici e farseschi. 
Shiva Baby - Biforcazioni

Danielle è frastornata e non sa più cosa osare, non riesce più a desiderare ciò che le è stato insegnato a desiderare, verso cui ostenta goffamente riverenza, ma quell'universo è sempre più frustrante e irraggiungibile. Il desiderio è prima di tutto un concatenamento sociale scrisse Deleuze, non si desidera, cioè, qualcosa che ci manca, ma qualcosa che ci mette in connessione con un mondo intero. Tuttavia, ciò che tutta la famiglia, l'intera comunità sembrano ingiungere a pianificare per lei, e per cui lei non si sente all'altezza, complotta e cospira apertamente contro di lei. Non fa che darcene rimostranza. La sua impacciata recalcitranza e refrattarietà è la nostra, mentre fa cadere i libri religiosi e si getta piangente su di essi a pulirli ed impilarli. Come digerirai alla fine i compromessi Danielle? Con una buona laurea, con i comandamenti religiosi o guadagnando più soldi? No, non è con questo, ma accettando che si può deludere e alla fine non essere all'altezza delle aspettative di tutti, Danielle è una donna finalmente e può accettarne l'eredità della carne, la profonda femminilità e le ragioni del corpo, così la giovane potrà firmare una pace armata coi profondi moti della propria anima e con supremo candore chiudere ancora nel proprio pugno la mano della ragazza amata.

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