Niente da nascondere (Cachè) - Michael Haneke




"Dio stesso che si sacrifica per la colpa dell’uomo, Dio stesso che si ripaga su se stesso, Dio come l’unico che può riscattare l’uomo da ciò che per l’uomo stesso è divenuto inriscattabile"
(F.Nietzsche, Genealogia della morale)






A casa di Georges Laurent, brillante conduttore televisivo, cominciano ad essere recapitati diversi vhs in cui vengono mostrate immagini della propria abitazione, i coniugi Laurent sentono violata la propria intimità, la loro sfera privata è stata invasa da un nemico oscuro con un messaggio pericoloso quanto indecifrabile. I vhs continuano e la polizia non può fare più di tanto. L'ultimo insieme allo strano disegno da cui è accompagnato, lo portano presso la casa della sua infanzia, e così, il protagonista sembra ricordare qualcosa che è difficile da nominare di fronte anche alla propria moglie, quella che con lui sta vivendo questo dramma. E' facile ricordarsi un fatto, più difficile ricordarsi di una colpa originaria, di quelle che gli anni e un po' di menzogne su di te ti hanno aiutato a nascondere, ma non del tutto ad occultare. 

Ciò che massimamente infastidisce l'io del conduttore di successo è un ricordo rimosso che fatica a venire fuori. Una gelosia sfociata in un atto codardo ed egoista. Aveva un compagno da piccolo che i suoi genitori decisero di adottare dopo che il padre e la madre di lui affogarono in una manifestazione per l'autodeterminazione dell'Algeria, e qui Haneke ci rivela che il senso di colpa è anche e prima di tutto sentimento politico e sociale prima che individuale. Quel suo compagno di nome Majid finì per essere mandato in un orfanotrofio a causa di un atto crudele orchestrato proprio da George che fece tagliare al suo compagno di giochi la testa del gallo di casa facendogli capire che questo avrebbe fatto piacere ai suoi genitori. Il disegno stilizzato di una testa di gallo è proprio il biglietto che accompagna quelle videocassette. George non ha più dubbi, e si reca prima dalla madre e dopo aver girato intorno ad argomenti futili, tocca un argomento che era sempre stato lì sepolto sotto strati polverosi di omertà e ricordi rimossi (cachè): Majid. Gli occhi della madre dicono molto più delle vaghe parole che riesce a balbettare sulla vicenda. 
niente a nascondere cachè biforcazioni
Un nuovo video instrada Georges verso una porta di un appartamento misterioso. Egli sa già chi dovrà incontrare. Nessun mistero, tutto è stato predisposto dall'enigmatico regista. Tutto tranne Majid, che in un primo momento sembra non riconoscere il suo ospite, quando lo riconosce non comprende le sue richieste vessatorie, egli cerca di far comprendere a George che non ha architettato nessuna vendetta, non l'ha mai cercata e non è lui che sta inviando queste cassette. Questo è uno dei pezzi di più rara bravura di Haneke, la scena del loro incontro è stata ripresa, e quello che abbiamo visto non è altro che l'ennesimo VHS che il misterioso videomaker ha inviato alla famiglia, e questo stesso vhs dove George da vittima si vede nei panni del carnefice minacciare l'impotente Majid, finisce nelle mani dell'editore del protagonista. Il popolare conduttore, il marito irreprensibile è alle corde, deve giustificarsi e discolparsi dalle conseguenze di una colpa troppo lontana, troppo assurda per essere presa in considerazione. Tutto finisce in una spirale paranoica quando il figlio Pierrot rimane a dormire a casa di un amico senza avvertire i genitori, i quali pensano ad un escalation del folle videomaker che è passato all'azione. Majid vuole la sua vendetta pensa forse George precipitandosi verso casa sua, dove fa la conoscenza del figlio di Majid. Un po di nebbia si dirada, forse si capisce chi sia il misterioso videomaker. Pierrot torna a casa, ancora arrabbiato con la madre accusandola implicitamente di un tradimento. Chiamato da Majid, George si reca ancora a casa sua, e lì assiste al suo suicidio con una lametta da barba. Sono una sequenza di 20/30 secondi, asciutta, cruda come nessun film horror potrebbe mai aspirare ad arrivare. La platealità del gesto e la potenza della sequenza, è data con una maestria registica senza pari, con il protagonista che attraversa il campo da destra a sinistra circolarmente, senza dire una parola, ad ispezionarne, quasi, la macabra realtà da tutti i punti di vista. La vittima, l'agnello sacrificale che compie il gesto rituale, tale perché di fronte al suo carnefice, chiude e si ricongiunge idealmente con il gesto originale, la decollazione del gallo, narra soprattutto l'eco di pesi e debiti ancestrali. Non solo quello dell'uomo bianco borghese occidentale che, con due pasticche e un po' di sonno, può sopportare e rimuovere (caché) l'ingiustizia alla base della sua affermazione. Ma anche quelli irredimibili, dei popoli, l'algerino chiamato in causa esplicitamente, ma anche l'iracheno, il palestinese evocati sullo sfondo nelle sequenze dei Tg durante lo svolgersi del dramma casalingo. Quelli sociali delle classi meno abbienti, cui è sbarrata la via per il riscatto. Eppure Haneke nel cinico realismo della sua narrazione, proprio nei titoli di coda sembra suggerire che forse la chiusura del cerchio, il sangue del capro, rende possibile anche che due ragazzi di estrazione e cultura differente si inizino a parlare. Sta a noi stabilire se stia per iniziare una nuova tragedia o una ricomposizione che non renda vano il sacrificio.

Commenti

Post più popolari