Burning, l'amore brucia - Lee Chang Dong



Premetto che non ho letto il racconto di Haruki Murakami a cui Lee Chang-dong si è ispirato per l'elaborazione di questo lungo e scandito dramma neogotico. I topoi dello stile di Murakami non mancano in effetti: lo scrittore mediocre in cerca di ispirazione, la donna magica/incantatrice, la trama oscura di sangue e morte dietro al potere economico delle classi agiate coreane. Jongsu si presenta, infatti, come uno scrittore spiantato senza pubblicazioni, irrompe sulla scena nella sua aura di opaca mediocrità senza sorriso, in un piccolo emporio dove acquista un biglietto della lotteria. La vincita viene consegnata dalla bellissima Haemi, che sembra riconoscerlo quale compagno di gioventù. La giovane che vede oltre la piatta realtà delle cose, invita a cena il protagonista e di fronte al suo sguardo inebetito, prende e sbuccia con spiccata gestualità un mandarino che non c'è. 

L'immaginazione è la potenza sovversiva che se si allea all'arte investe e trasforma le strutture della realtà. Chang-dong/Murakami ci suggeriscono forse un connubio ben preciso? La vita non può essere raggiunta, trovata né riprodotta, deve essere creata, scriveva Deleuze nel suo saggio sul cinema. Così anche la denuncia del mandarino mancante e del gatto vero/falso di Haemi sono lo snodo o il campo di battaglia in cui si affrontano le forze della realtà e della suggestione. Ciò che è invisibile può forse lasciare traccia di sé, o è la suggestione della sua esistenza che induce a credere di vedere tracce di qualcosa che non esiste. Haemi lascia in custodia un gatto a Jangsu, o solo il fantasma di esso? In fondo è proprio l’atto di credere in ciò che si vede e che si sente che pare essere il tema decisivo in questo film. Allora Ben, interpretato da un magistrale Steven Yeun, un magnate dal sorriso sardonico che Haemi conduce con sé dal suo viaggio, si inserisce come una forza burrascosa, quella dell'immaginazione addomesticata, asservita allo status e riprodotta al mero fine del soddisfacimento estetico e al consumo immediato, come un falò di una serra vuota in una campagna desolata. In una sorta di incantesimo di distruzione creatrice che svaluta il vecchio per generare il nuovo, in cui ci pare di ritrovare un vecchio adagio Schumpeteriano: "L'impulso fondamentale che mette in moto e mantiene acceso il motore capitalista, il processo di mutazione industriale che rivoluziona incessantemente la struttura economica dall'interno, distruggendo incessantemente il vecchio e incessantemente creandone uno nuovo. Questo processo di distruzione creativa è il fatto essenziale del capitalismo. È ciò in cui consiste il capitalismo e dove deve vivere ogni preoccupazione capitalista". Evidentemente la contrapposizione tra i giovani rende il campo di lotta immediatamente politico, ma anche un inestricabile giallo filosofico. Ben, il ricco finanziere con la sua cricca di amici importanti si è servito della bella giovane, poi l'ha uccisa e dato fuoco alle sue carni? Il sospetto corrode le labili strutture mentali del protagonista che si trasforma in un accanito detective, che comincia a pedinare ossessivamente Ben. E così poco a poco Chang-dong schiera lo spettatore, che in balia di sospetti e indizi, finisce per credere ciecamente ai fantasmi e le supposizioni del nostro protagonista. La verità è una decisione sembra suggerirci il regista, sia essa l'esito di un dibattimento processuale, come la vicenda del padre di Jongsu che fa da sfondo al racconto, o un atto di fede come appare nell'evoluzione del ricordo della giovane precipitata in fondo al pozzo, che da un aggrovigliato mistero, ad ogni testimonianza e racconto assume sempre più contorni di verità, perché noi decidiamo che possa essere vero, noi vogliamo credere che sia vero. In fondo, come diceva Orson Welles, l'arte è una menzogna che ci fa capire la verità, aggiungerei solo una postilla a Welles, l'arte è una menzogna che ci fa capire la verità, e cioè che non esiste verità, ma che tutto è campo di contesa.  Il climax visivo, con Haemi che danza nuda al tramonto, incarna l'idea che l’arte e l’immaginazione possono essere sia un rifugio che una rivelazione della nostra incessante ricerca di verità e significato, illuminando l’interazione tra la realtà e la nostra interpretazione di essa. Una donna balla nuda di fronte ad un sole freddo che tramonta e che ne sottolinea l'armonico incanto della sua silhouette, due uomini la guardano: l'amore per la verità è ciò che brucia.

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