the killing of sacred deer - Il sacrificio del cervo sacro, ma soprattutto su debito, pena e giustizia.
"Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori"
Il mito è la chiave che consente a Yorgos Lanthimos una ricostruzione archeologica fino alle radici dei rapporti contrattuali che legano creditore e debitore, danneggiante e danneggiato.
Il debito da redimere, la colpa da appagare è la causa agens del film come di ogni tragedia greca, ma anche la fondazione del diritto di ogni uomo sull'altro. Il diritto e il piacere di fare violenza, dunque il principio di ogni crudeltà, e "non c'è spettacolo senza crudeltà", come proclamava Nietzsche nella genealogia della morale. Non possono nulla, infatti, i doni che lavano il senso di colpa del debitore, egli non è mai libero denominare il proprio debito, ma è sempre il danneggiato/creditore che fissa il prezzo della redenzione. Egli non è un Dio, ma ne assume le vestigia, perché è colui che sempre può imporre il suo gioco e la sua pena.
Il supplizio non è la conseguenza della responsabilità del colpevole, quanto piuttosto il frutto della ricerca di appagamento del senso di giustizia del daneggiato. E' lui sin dall'inizio che conduce il gioco, anche quando sembra non farlo.
Il supplizio non è la conseguenza della responsabilità del colpevole, quanto piuttosto il frutto della ricerca di appagamento del senso di giustizia del daneggiato. E' lui sin dall'inizio che conduce il gioco, anche quando sembra non farlo.
Se in ogni tragedia greca, il danneggiato/creditore fissa il prezzo della redimibilità della colpa, al contrario, la modernità è stata proprio la ricerca, da parte degli uomini, dell'allontanamento da ogni forma di primitiva soddisfazione individuale dei danneggiati, per arrivare ad una asetticità e misurabilità di ogni crimine e, quindi, di ogni pena. Il compito che si è attribuito alle istituzioni, in questo senso, è stato quello di non soddisfare gli appetiti del creditore del torto subito, ma di castigare il debitore, abolendo però ogni forma di spettacolo, cristallizzando la pena in educazione con la finalità dell'ammaestramento morale.
Tuttavia, tale costrutto è solo finzione, una flebile maschera, che non appaga mai il nostro profondo desiderio di crudeltà, sembra dirci il regista. Dietro ogni morale c'è un gusto (anche qui Nietzsche ci viene in aiuto). Dietro ogni ammenda si manifesta l'occhio vitreo del Dio che pretende sofferenza, anche quando costruisce un macchinoso apparato di regole, cavilli e pratiche per occultare meglio il piacere che ne ricava. Nessun castigo è mai veramente asettico, ma prospettico: non c'è mediazione possibile tra debitore e creditore.
E in ultima analisi, forse, da regista di origine greca, Lanthimos può permettersi di chiamare in causa lo stesso occhio dello spettatore europeo che accusa gli stati colpevoli, additandoli come Pigs, in quanto "hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità" per condannarli a redimere il peso dei propri debiti, sopprimendo i propri stessi figli, osservando poi, inebetito, la loro sofferenza come qualcosa di astratto e necessario, seduto al tavolino di un fast-food.
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