Cartas da guerra - Ivo Ferreira
Sospeso nel limbo di una missione militare in Angola, Antonio Lobo de Antunes da forma al proprio caos interiore attraverso la scrittura. Lastrica di parole l'impervia strada del proprio desiderio verso la donna lontana, ma i nomi finiscono per amplificare la distanza, e la copula moltiplicare l'assenza.
Ogni parola scava uno iato che separa l'uomo dalle pastoie del quotidiano, marca l'ambizione delle proprie speranze e delle proprie volizioni, ma non occulta l'universo merdoso della sua genesi. Ogni volizione esprime tanto il sentimento dello stato verso cui si tende quanto quello da cui ci si distacca, essa si nutre tanto di un moto a luogo, quanto di un moto da luogo. Ogni amore, affezione e sentimento nasce ed è indissociabile dall'avversione per il posto e la condizione che il nostro corpo occupa in quel momento. Ciò che è più lontano implica ciò che è più vicino, ciò che è più vicino esplica ciò che è più lontano. La forma è il mezzo: un enfatico e passionale labirinto in lingua portoghese traccia un potente transfert tra la guerra e la donna lontana.
E l'immagine asfittica e angusta di Ferreira, anche quando inquadra deserti e lande desolate, non finisce che descrivere solo il perimetro di una prigione più grande. Perché, in fondo, non si può uscire dalla prospettiva della propria uniforme verde, dalla retorica coloniale che passa la radio o dal vecchio fasto che il cigolio dissonante del cerimoniale dell'alzabandiera reclama, ma più non merita. Non si può evadere dall'universo disperante dell'uomo coloniale che cerca l'altro, ma si ritrova ad agguantare altri prigionieri, altri cadaveri e alla fine solo altri spettri, mere copie di se stesso.
L'uomo occidentale, ripieno dei suoi segni significanti, resta solo e in attesa, guscio vuoto, come nel deserto dei tartari.
L'uomo occidentale, ripieno dei suoi segni significanti, resta solo e in attesa, guscio vuoto, come nel deserto dei tartari.
Però, forse, quando si è scesi nella più profonda indecenza e dalla bassezza di un uomo sconfitto e alle corde, lì quando è in gioco l'essere o il non essere più, forse solo allora, può nascere il grido di rivolta che sottende la più alta redenzione, nella forma di una lettera dal fronte.
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