L'invincibile - Stanislaw Lem

"Lo stordimento è un'apertura più intensa e trascinante di qualsiasi conoscenza umana"
(M. Heidegger)

L'invincibile lem


Mi piace pensare che i libri spesso arrivino tra le nostre mani per ragioni estranee alla nostra volontà e devo dire che è stato particolarmente significativo e allo stesso tempo disturbante trovarsi a leggere e quindi a scrivere di un libro come l'Invincibile in questo clima di impotenza e frustrazione dell'umanità, in cui agenti patogeni "alieni" le si oppongono apertamente, fino a mettere in aperta discussione i costrutti fondamentali della sua organizzazione sociale. Per la seconda volta, infatti, mi trovo davanti ad uno straordinario libro di Lem, inferiore, forse, rispetto a Solaris che rimane un'opera di valore assoluto, ma che ha il merito di rinnovare e rimettere in questione alcuni degli interrogativi e delle questioni intorno alla teoria della conoscenza, e porre in essere anche alcune riflessioni fondamentali intorno al rapporto tra uomo e macchina. Gli organi produttivi dell'uomo sono la base dell'organizzazione di ogni società, diceva non so più da che parte del Capitale, Karl Marx.
Ed è così per l'uomo di Lem che si avventura nello spazio. L'universo pullulato di metallo, fumo, cingoli e campi magnetici costituiscono gli strumenti con cui l'uomo si avventa sulla realtà, la divora, la digerisce e la ingloba e che riecheggia anche nelle bellissime pagine di Solaris dove Lem ammette che il viaggio nello spazio non è alla ricerca del diverso ma dell'affine a sé dell'uomo: "non abbiamo bisogno di altri mondi, abbiamo bisogno di specchi". Ma come Solaris, anche Regis III, il pianeta su cui l'astronave Invincibile si posa, non è un universo addomesticabile, né tanto meno una realtà di complessità districabile. Ben presto l'astrogatore (il comandante della grossa nave spaziale) e l'equipaggio, giunti su Regis III per recuperare l'equipaggio del Condor, fanno esperienza di una realtà indifferente alla vita umana, così tanto indifferente che ne rimane mortalmente nociva. Scoprono infatti ben presto che l'intero equipaggio del Condor è stato reso impotente e portato ad una sorta di stato vegetativo dai misteriosi abitanti del pianeta. Tra le dune sabbiose e negli anfratti impervi di quel mondo si annida una specie di aggregato di ingranaggi in grado di unirsi e poi di sciamare come autentici insetti, rimanendo una nube inorganica e senza attività psichica. I biologi dell'Invincibile sospettano che per la prima volta l'uomo si trovi di fronte ad un caso di evoluzione e adattamento di materia inorganica. Così in una sorta di schizo-delirio archeologico cercano di ricostruire il loro avvento sul pianeta, forse come macchine che accompagnavano una specie umanoide in esplorazione che poi, rimaste orfane dei suoi creatori, sono state capaci di rendersi autonome, prima attraverso la ricostruzione delle loro parti usurate dal tempo, poi accrescendosi nel numero e specializzandosi nelle funzioni, riuscendo ad attingere ad una fonte di energia di tipo solare. Fatto sta che in poco tempo la nube di mosche meccaniche diventa padrone incontrastato di Regis III e annienta la vita organica terrestre in tutte le sue declinazioni. 
Ma l'universo distopico, indifferente all'uomo quando non apertamente antiantropologico di Lem si declina in tutta la sua coerenza quando la specie umana mette piede su quel pianeta. Infatti, l'uomo non viene ucciso dai microscopici congegni perché ogni omicidio sarebbe un'azione antieconomica, molto più semplice per questi marchingegni produrre un campo magnetico che annienta le facoltà mnestiche umane, insieme ad ogni ricordo, così la vittima della loro azione è ricondotta ad una sorta di infanzia primordiale disconoscendo persino le principali funzioni vitali. Anche in questo caso impossibile non accorgersi di un clamoroso rimando a Solaris, mentre in quel caso l'unico alieno era in grado di riplasmare il rimosso e ripresentare, ridestare in forma concreta i loro incubi e i loro fantasmi sepolti ai visitatori umani, in questo caso le macchine agiscono sulla memoria cancellando tutti i ricordi e le funzioni vitali. 
Tralasciando le ipotesi sull'identità sugli alieni, che appunto, come in Solaris, anche nell'Invincibile rimangono ipotesi non sciolte che non raggiungono mai il grado di certezze, Lem sembra dirci qualcosa in più su di noi piuttosto che sugli altri, e cioè che in fondo la nostra identità coincide con la nostra memoria fatta di rimozioni e di archetipi vitali che sono indissociabili dalla nostra umanità. Così come rimangono indissociabili dall'uomo le sue macchine, e in fondo che non esiste un uomo nudo senza una tecnica già in lui incorporata, senza uno strumento che influenzi non solo il suo apparire sociale ma anche la sua determinazione biologica. 
Le macchine naturali e le macchine sociali sono in rapporto mutualistico e la maniera in cui si vive influenza i processi biologici (L'invincibile è carico di macchine per dormire, macchine per mangiare, macchine per viaggiare). Il sociale si incarna nel biologico, le malattie del mondo moderno non sono quelle dell'uomo antico, persino il COVID-19 non sarebbe stato possibile senza l'avvento della globalizzazione, come, per le stesse ragioni, la peste nera non arrivò mai a diffondersi nel continente americano. Il biologico si esprime nelle macchine sociali, basta pensare alle macchine biomedicali per creare e gestire la vita. Il sociale entra e si instaura nelle cellule attraverso le macchine e il biologico si esprime e si potenzia attraverso le macchine. Forse è questo il vertice più alto e insieme angusto e distopico raggiunto dalla letteratura di Lem: l'incubo e il miracolo che possa sussistere qualcosa di non riassorbibile nelle trame della materia organica umana e allo stesso tempo che non collimi con gli ingranaggi che ne preservano le strutture sociali, qualcosa che finalmente ci palesi che "non tutto è stato fatto per noi, e il nostro posto non è dappertutto". Qualcosa che riecheggia la straordinaria risposta della natura all'islandese del celebre dialogo leopardiano "la vita di quest'universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione, collegate ambedue tra sè di maniera, che ciascheduna serve continuamente all'altra, ed alla conservazione de mondo; il quale sempre che cessasse o l'una o l'altra di loro, verrebbe parimente in dissoluzione".

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