Sulla Infinitezza - Roy Andersson

"Mi sono assiduamente studiato di imparare a non ridere delle azioni degli uomini, a non piangerne, a non detestarle, ma a comprenderle."  (B. Spinoza) 


Sulla infinitezza


Una carrellata di umanità, nei suoi eccessi e nelle sue indecisioni, nei suoi goffi fallimenti e nelle sue quotidiane sventure, questa è la sintesi più nitida e sincera dei film di Roy Andersson. Un'umanità goffamente e involontariamente buffa, che non arretra di fronte alle beffarde sorti cui la mette di fronte la vita.  

La lentezza e i piani lunghi e i dialoghi rarefatti,  rendono il cinema di Andersson lento e statico, beffardamente comico, nel rimarcare la quasi impossibilità di uscire dalle sabbie mobili in cui ogni volta siamo immessi in ogni situazione. Tuttavia queste stesse caratteristiche donano alle piccole scenette cui assistiamo anche qualcosa di profondamente consolatorio, c'è una grande comprensione nella sorta di sguardo sub specie aeternitatis che abbraccia questi poveri uomini e povere donne. Abiezioni, Vizi e paure esisteranno finché esisteranno esseri umani. Chi li vede non li giudica nè li deride, ma ne accetta le fattezze, le loro tragedie. 

Qualcosa che ricorda i grandi quadri sull'umanità contadina di Bruegel il vecchio, in cui i personaggi, spesso caricati di aspetti estetici grotteschi, appaiono come creature goffe e viziose, sbattuti in un universo indifferente, quando non apertamente ostile. Impossibile non pensare ad un grande quadro e non commuoversi di fronte alla silenziosa e infinita marcia dei soldati vinti e costretti a passare in fila attraverso fango vento e neve, verso un orizzonte incerto, lontano e lugubre, che sembra ripetere quello degli storni che malinconicamente se ne vanno a settembre verso altri lidi, (forse anche i nostri lutti sociali non sono altro che ricorsi ciclici come le migrazioni degli storni). Impossibile non riconoscere i nostri drammi quotidiani di fronte alla vicenda del prete che perde la fede e si reca dallo psicologo per capire cosa fare, ma questi è a fine turno e deve andare a prendere l'autobus e non può assisterlo, così insieme alla segretaria lo mette bruscamente alla porta: anche i nostri drammi esistenziali vengono a patti tutti i giorni con la cieca routine del lavoro e dei bisogni quotidiani. L'universo che dipinge Andersson è freddo, demistificatorio certo, lo stile essenziale e asciutto, non c'è alcuna morale o insegnamento da ricavare nell'incedere dei suoi goffi buffoni nella loro personale tragedia, tuttavia appare anche gonfio d'amore e di pietà per le sue figure, allo stesso tempo. "Non è comunque fantastico?" dirà uno di questi a spezzare la grigia monotonia del bar in cui tutti sono intenti a bere affogando i propri dispiaceri nel vino.

Commenti

Post più popolari