Sibel - Guillaume Giovanetti Çagla Zencirci

sibel
"Far balbettare il linguaggio è un'altra cosa. Significa imporre alla lingua, a tutti gli elementi interni della lingua, fonologici sintattici, semantici, il lavorio della variazione continua"

Gilles Deleuze 




Alta montagna del distretto del Giresun, provincia della Turchia che si affaccia sul mar Nero. Qui la rarefazione degli insediamenti umani ha modellato la civiltà almeno quanto l'Islam più arcaico e tradizionale. Da tale connubio nascono concrezioni culturali del tutto originali come il dialetto fischiato della popolazione locale, qualcosa che imita e insegue gli uccelli del cielo più popoloso di quella terra. In questo universo plasmato dall'egemonia del bosco, ma anche dal piatto conformismo e dalla fideistica adesione acritica alle norme religiose e sociali, la giovane Sibel (interpretata da Damla Sonmez della quale è difficile non innamorarsi) risalta come un diamante grezzo. 
Una febbre infantile l'ha privata dell'uso della parola, la straordinaria ostinazione le ha permesso di farsi intendere proprio grazie a quello strano fischio/vernacolo tradizionale. La sintassi rivoluzionaria del suo linguaggio le consente la sgrammaticatura del canone, vivere dentro e fuori la propria comunità d'appartenenza. Sibel guadagna così una situazione simile alla sacertà degli individui consacrati alla divinità e pertanto inclusi, e allo stesso tempo espulsi dal contesto sociale. Il suo tempo è scandito tanto dal lavoro nei campi quanto dalle passeggiate nei boschi, dalle visite alla vecchia Narin, l'eremita della montagna, e dalla caccia al lupo.
Tuttavia, la condizione di straniero nella propria lingua evoca strane alleanze con potenze e fantasmi pericolosi per la giovane donna, ed è così che, in una delle sue escursioni, conosce Alì, un giovane renitente alla leva obbligatoria dell'esercito turco. Il giovane è stanco e ferito, dopo una colluttazione con Sibel rimane a terra svenuto. La ragazza non sembra affatto spaventata da quella conoscenza brutale e torna sui suoi passi per prendersi cura di quel reietto, che per certi aspetti, tanto le somiglia. 
Sibel
Così quell'equilibrio tra la tradizione e la natura, tra le implacabili e irragionevoli leggi degli uomini e le pulsioni sincere e le passioni dell'animo si spezza irrimediabilmente. Sibel non è più l'eccentrica ragazza dei boschi, ma colei che simpatizza col nemico della nazione, con il terrorista, forse un fiancheggiatore dei ribelli di piazza Taksim. La famiglia, l'intero villaggio la ferirà profondamente, anche fisicamente quando un gruppo di donne la lascerà tramortita di botte nei campi. Nel prendere coscienza del suo ruolo politico tutto prende una nuova prospettiva, come ad esempio che la vecchia Narin, non sia una strega rimbambita dall'età, ma forse che sia stata condotta alla pazzia dall'ortodossia e dalla cieca obbedienza al potere politico di quella comunità. Alì si dilegua nei boschi, la cinepresa non lo segue. Il dramma è tutto di chi resta, Sibel potrebbe rifugiarsi nell'eremitaggio consolatorio come quello della vecchia Narin, sceglie invece una dignitosa e orgogliosa resistenza e vivere col cuore infranto, fischiando la sua rivolta nella propria lingua. 

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