the card counter (il collezionista di carte) - Paul Schrader


"l'esibizione teatrale, l'arte e la musica sono essenzialmente sane e libere e quindi antagoniste delle ossessioni e delle pulsioni primitive"

Oliver Saks, l'uomo che scambiò sua moglie per un cappello



schrader the card counter



Il grande storico olandese Johan Huizinga nel 1939 descrisse originalmente in Homo ludens come l'esperienza del gioco nell'uomo primitivo sarebbe nata da un originario atto di commozione ed empatia. L'uomo sarebbe stato, cioè, tanto pervaso e toccato dall'esperienza della realtà, tanto turbato dall'esperienza del proprio destino, crudo e il più delle volte avverso, che avrebbe avuto bisogno di riprodurlo creativamente, di sdoppiare l'ostile natura nel rito e nella cultura. Questo eccesso di sentimento e, allo stesso tempo di sottrazione e ribellione ad esso, sarebbero alla base della genesi del gioco, che si è esteso come "una seconda natura" dell'umanità, con l'ordito dei suoi propri ordinamenti e le sue regole, sopra il cieco istinto. 

Il regista Paul Schrader ridisegna accuratamente la parabola di questo stesso percorso nel destino di un uomo che ha troppo sentito la realtà. William Tell (uno straordinario e sempre credibile Oscar Isaac), infatti, è un uomo che fugge dai ricordi di Abu Graib, dalla violenza della tortura e della sopraffazione, un luogo in cui gli istinti più bassi sono tanto vicini alla natura homo homini lupus, un luogo dal quale riaffiorano fantasmi difficili da seppellire e colpe difficili da espiare. Lui ne è stato soldato carceriere, condotto alla depravazione e alla brutalità in un lungo apprendistato dal maggiore dell'esercito statunitense John Gordo. Poi, la fuga di notizie, il processo, il carcere, stavolta dall'altra parte. La lunga disciplina e l'isolamento dal mondo. L'incontro con le carte. Imparare con il tempo a padroneggiare un'arte che consente l'evasione dall'incubo dei ricordi più neri. Riguardo alle regole del gioco non è possibile alcuno scetticismo. Nel gioco è più tollerabile un baro di un miscredente. Si deve credere interamente alla realtà della "seconda natura", ed entrare in quel mondo è anche distrarsi dai fantasmi che assediano e che turbano la mente, la sapiente regia di Schrader separa marcatamente, anche in senso stilistico, il barocco e caotico passato dall'asettico e composto presente. 

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Tuttavia, un cortocircuito inatteso transita nel sentiero lastricato dei casinò imboccato da William. Sulla sua strada si para infatti, Cirk, un giovane uomo, il cui padre dopo aver vissuto la stessa parabola di Tell è finito in preda a pasticche ed alcol per poi morire suicida. Il giovane cerca vendetta, e pur ammirando William non è affatto affascinato dalla vacuità del suo mondo. William al contrario prova in ogni modo a sottrarlo alla barbarie dei desideri reconditi, a quell'istinto di sopraffazione profondo che attanaglia la mente degli uomini. Ma, l'universo fatto di re, regine e jack che frenano delitti e abiezioni, la geometria delle passioni con la quale William può proiettare nel giocatore di poker le skills del torturatore, per rimuoverne in realtà il portato destabilizzante, non si addicono alla realtà di Cirk pervaso da una pulsione primitiva mai stata governabile attraverso un esibizione teatrale come quella del giocatore di carte. Così il giovane trova la morte, così il torturatore è costretto a rivestire i propri panni, ripercorrere il crocevia del proprio destino e fare i conti a modo proprio con uno scomodo passato, la terapia delle carte non regge più, di là da quella è forse immaginabile una qualche possibile redenzione.

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