Au hasard Balthazar - Robert Bresson
Ovunque è l'uomo, l'animale è in catene. Uno dei capolavori del cinema di tutti i tempi ha il merito di insistere su questa frattura genetica, su questa divisione pre-storica tra l'uomo e l'animale. Bresson aggiunge alle miserie e meschinità del mondo umano lo sguardo insondabile di Balthazar, un asino. Lungo la narrazione delle vicende, sarà impossibile sfuggire al suo muso alle sue zampe e al suo occhio. Nella distesa agreste della campagna francese, due giovani si giurano amore eterno, Balthazar è l'oscuro testimone dell'inconsistenza mortifera dei giuramenti, delle convenzioni e delle parole degli uomini. La sofferenza e lo sfruttamento dell'animale sarà la costante realtà che denuncia la menzogna e la discrasia tra le parole e le azioni degli uomini, la falsità di tutti i giuramenti. Balthazar è testimone della vanità dell'amore, dell'orgoglio e della cupidigia. La stessa inquadratura del regista parla un linguaggio scarno e austero di gesti e azioni essenziali, non c'è alcuna poesia dei piani larghi. L'asfittica politica dell'azione tecnica ci condanna necessariamente allo sfruttamento dell'uomo sulla natura e sull'animale.
Supreme e commoventi quelle immagini azioni in cui Balthazar è spinto, tirato con le catene sulla scena e quasi mai ci arriva per intero, perché mai arriveremo a conoscerela vastità della sua passione. Del resto, Bresson, in questo molto simile a Bunuel, si guarda bene dal padroneggiare una facile soggettiva dell'animale: le linea di demarcazione è netta, il suo mondo ci è completamente estraneo e non ci giudica, la natura profonda di ciò di cui l'uomo si appropria e reifica gli è completamente estranea. L'asino Balthazar, come un povero cristo, può finalmente morire, con il carico delle colpe degli uomini nelle sue bisacce, ricongiunto in uno stato di innocenza originale tra un branco di pecore al pascolo.
Commenti
Posta un commento