Radio libera Albemuth - Philip K. Dick
"Primo, che lui, sai di chi parlo, esiste davvero, c'è davvero. Anche se non come l'abbiamo pensato e ne abbiamo fatto esperienza finora... o come riusciremo mai a farlo. E secondo... non può aiutarci più di tanto. Forse un po'. Ma se ne sta a mani vuote; capisce, vuole aiutare. Ci prova, ma... non è così semplice, tutto lì. Non mi chiedere perché. Forse non lo sa nemmeno lui. Forse è perplesso anche lui. Persino dopo tutto il tempo che ha avuto per pensarci su."
Philip K. Dick, le tre stimmate di Palmer Eldritch
Se potessi indicare l'opera che contiene in nuce la vastità e la complessità del pensiero di Philip K Dick, (non la più bella o la più intelligente, attenzione, ma certamente la più completa) indicherei senza dubbio proprio Radio libera Albemuth e questo per molteplici ragioni. Non è solo il carattere cospirativo che costringe il lettore il più delle volte a prendere fiato tra un capitolo e l'altro, che pure è una delle tematiche ricorsive dello scrittore americano, ma la complessa teoria teologica-filosofica che emerge come puro cristallo prismatico e che lascia proiettare luci interpretative a seconda delle angolazioni e delle prospettive dalla quale la si inquadra. L'originalità dell'opera, considerata il canovaccio da cui prenderà spunto la ben più intricata trilogia di Valis, consiste prima di tutto nella duplicità dei piani da cui si dipana e della loro convergenza. Il primo quello dello scrittore di fantascienza, comprensivo di molti elementi autobiografici, col quale Dick cattura lo scetticismo del lettore, introducendolo e preparandolo al secondo piano quello dominato prospettiva allucinata e metafisica del visionario Nicholas. Siamo in una California distopica in cui il presidente Ferris F. Freemont, ha conquistato il potere e lo esercita attraverso il controllo paramilitare della polizia segreta e uno stato di vigilanza costante sul dissenso civico attraverso tecniche di spionaggio e delazione che l'autore descrive in maniera tanto brutale quanto precisa. Una sorveglianza totalizzante che invade qualsiasi punto della realtà, paragonabile a un Grande Fratello che raccoglie informazioni in continuazione, in cui qualsiasi cosa può essere tracciata e può essere in qualche modo utilizzata senza il proprio consenso. Quello che Philip K. Dick presuppone e mette in opera è un potere totalizzante le cui spire giungono in ogni luogo, la miopia dell'autore americano, se una critica può essergli mossa, è stata quella di non vedere che tale stato di monitoraggio e di sorveglianza che andava realizzandosi già negli Stati Uniti degli anni '80, non era affatto costruito sul modello fascista della coercizione e del dispotismo, quanto sul modello seduttivo dell'orientamento attraverso marketing e pubblicità che cominciava a trasformare gli individui in consumatori e spettatori.
Il discorso naturalmente ci porterebbe lontano e nessuno vuole togliere a Dick l'aurea di genio letterario guadagnata ampiamente sul campo. Diciamo però che da questa miopia originaria, che vedeva nel potere il pericolo totalitario da cui dissociarsi e da combattere costantemente derivano le numerose implicazioni del suo pensiero. Prima tra tutte, la concezione di libertà di fatto connivente a quella dell'individuo della società capitalista come misura del valore di tutte le cose, tuttavia, come abbiamo finito di argomentare, ogni individuo è, in ultima istanza, facilmente manipolabile e orientabile dalle grandi macchine del Capitale, prova ne sono gli odierni sondaggi di opinione che mettono al centro un tema per nasconderne un altro, o i brand pubblicitari o gli slogan politici, e spesso l'individuo si trova a scegliere "liberamente" la schiavitù come se si trattasse della propria stessa salvezza. Pynchon ne descrive bene la condizione postmoderna ne l'arcobaleno della gravità, quando reclamare la libertà è più spesso il sintomo di una schiavitù ideologica: "Tutti gli animali, le piante, i minerali, perfino gli uomini di un certo tipo, vengono fatti a pezzi ogni giorno, smontati e rimontati, allo scopo di proteggere pochi eletti, i quali sono sempre i più insistenti nel reclamare la libertà - ma anche i meno liberi di tutti". Quanto della decisione di una volontà libera è frutto di condizionamento? Non siamo forse predeterminati in molti modi dal nostro ambiente e persino dal nostro stesso linguaggio? La stessa ribellione del protagonista di Albemuth, quanto è frutto dell'influenza che arriva fino alla possessione da parte dell'ente chiamato Valis? Una delle migliori caratteristiche della scrittura di Dick è proprio questa capacità di far perdere le tracce del soggetto parlante, esso si ibrida, cambia, si sviluppa sotto i nostri occhi e non sappiamo più chi parla a suo nome.
Sta di fatto che la gnosi individuale, il percorso iniziatico di liberazione che Nicholas intraprende è certamente viziato dal pericolo totalitario della macchina statale che controlla la vita degli americani, non a caso i membri di Aramchek, la fantomatica organizzazione che si oppone al presidente, vengono descritti come apolidi, vagabondi ed esuli. E' una via teologica, allora, quella proposta da Dick, che qui sì in maniera del tutto originale, si inventa un Dio impotente che cerca come può di aiutare alcuni iniziati a liberarsi della materia e del negativo proprio dell'umano e a confondersi con l'armonia dell'universale. E' anche un grande romanzo sulla fede e la fiducia Radio libera Albemuth, il principio che regola le nostre azioni di fondo è emozionale, ci dice lo scrittore. Phil crede a Nick e Nick crede a Valis, non c'è niente di più semplice e allo stesso tempo originale della fede. Certo, impossibile nella concezione del satellite/recettore non scorgere alcuni elementi della filosofia platonica e del neoplatonismo, soprattutto quello di un principio trascendente, emanativo, di un donatore che si dà insieme al suo dono e al tempo stesso ne rimane superiore e agli enti che ricevono realtà dalla sua produzione, impossibile poi non pensare a Spinoza (citato apertamente tra l'altro) quando la natura di tutte le cose viene paragonata alle sinapsi di un cervello vivente. Valis oscilla tra un ricettore, un'amplificatore di segnali, una stazione emanatrice del Bene, ma il suo campo è fortemente limitato, ha provato dagli albori del cristianesimo a trasmettere segnali in determinate frequenze. Ma non abbiamo di fronte la divinità biblica del vecchio testamento, potente e capricciosa, ma un ente che fa quello che può, che si sforza di fare il possibile e i cui sforzi possono condurre al fallimento. Qual è l'ultima ricompensa di questo sforzo? Rendere partecipi di un messaggio "alieno" alcuni illuminati, a loro spetta un complicato cammino verso la salvezza che il più delle volte li sorpassa e li rende dei semplici comprimari, più che autentici protagonisti, nella quinta teatrale della complicata lotta tra energia e materia, tra libertà individuale e potere sovrano.
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