Francofonia - Aleksandr Sokurov


Ogni collezione non semplifica la realtà, ma la complica e la amplifica, perché volendo includerla allo stesso tempo è inclusa in essa. Ogni unità è una e molteplice, sintesi e somma di ciò che contiene, ma anche potenza unica di ciò che esprime singolarmente. Che cos’è il Louvre? - continua a chiedersi Sokurov - è la sua storia? la sua architettura? Un luogo fisico? L’insieme delle sue opere? E’ un popolo? Una nazione? Si può scomporre un’unità come si può scomporre il numero 50, esso è tanto il multiplo di 5 e di 2, quanto la somma di cinquanta astratte unità, l’una vicina all’altra che vengono prese insieme arbitrariamente. Alla stessa maniera il Louvre è l’insieme delle sue opere e ognuna di esse lo esplica e lo richiama. Un’unità irriducibile, ma abitata dalla bellezza del molteplice. La potentissima immagine della zattera della medusa confinata, durante la guerra, in uno scantinato di un castello di provincia non smette di essere il Louvre tutto intero. L’economia della storia e della guerra, incombe e provvisoriamente la collezione è smembrata e divisa, ma il corpo non smette di essere corpo e le sue membra continuano ad emanare un’unità indistinta. Provvisoriamente un trono vuoto non sospende la sua regalità. La collezione è fuori del suo luogo fisico d'elezione, ma non smette di essere in rapporto biunivoco con esso. Solo con un artificio intellettuale possiamo scomporre la Nike di Samotracia dalla sua relazione identitaria con la Gioconda di Leonardo, i monumentali bastioni alati che sorreggevano le mura di Ninive dall’incoronazione di Napoleone di Jacques Louis David.

La storia delle peregrinazioni delle opere è la storia tutta intera del Louvre, loro contenitore. Così, ogni parte richiama una storia assoluta che è la storia dell’Insieme di cui partecipa e la storia singolare del viaggio imprudente e rischioso che l’ha portata accanto alle altre a costituire quel campionario di arbitraria bellezza. Ogni opera ha attraversato pericoli a non finire per arrivare fino al suo luogo/non luogo d’elezione. Celebri condottieri, uomini che erano tutt’uno con la loro volontà di potenza, hanno sacrificato le loro vite affinché questa concrezione del sogno di campionare e catalogare tutta la bellezza del mondo potesse finalmente inverarsi. Le Louvre c’est moi, pronuncia beffardo il fantasma di Napoleone. Ma questo sogno smisurato è anche la cornice dell’avventura di coraggiosi capitani di vascello, piccoli funzionari oscuri, burocrati e passacarte, strani e sconosciuti salvatori di opere d’arte, morti soli, nel silenzio del mondo che hanno contribuito a redimere. Ogni sforzo storico di re, regine, funzionari, popoli e nazioni è ricondotto ad un’unità spirituale superiore che la comprende e la esplica, forse anche quello di un regista russo che, nel delirio dell’immagine di una fotografia che a tratti commuove dalla bellezza, duplica ed esplica il labirinto costruito da Lescot.

 

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