la vita è un raccolto (Les Glaneurs et la Glaneuse) - Agnes Varda
Raccogliere è un modo di vita, raccogliere è la vita che si esprime come la sostanza spinoziana attraverso i suoi modi. Flussi di potenzialità che possono essere irregimentati e governati, ma non ingabbiati, che sfuggono ogni dove ai margini. E recarsi ai bordi dello spazio e della società significa approfondire la vita oltre la proprietà e il possesso (Vivere sine proprio, sì la regola di Francesco da Assisi) che sia tra gli scarti di un campo di patate o nei mercati urbani dei senzatetto, sia di chi lo fa per noia, chi per sfida alla legge, chi per etica, chi per necessità. Non esistono bene e male, ma solo le necessità e si vive secondo le proprie esigenze, faceva dire Bergman ad un suo personaggio, in Il posto delle fragole, forse parafrasando Nietzsche. Le esigenze creano modi di vita, perciò la vita è un raccolto o un modo di raccogliere. Il raccoglitore è quindi colui che dona nuova vita alle cose dopo la loro vita disciplinata usuale. Se il rifiuto nasconde nuove possibilità, allora chi riutilizza un frigorifero è un artista. L'arte è raccolta, è questo il significato del quadro di Millet "le spigolatrici"? In fondo è un modo di raccogliere anche quello del regista. La Varda si mostra anch'essa, con un cesto di messi sul capo, come una spigolatrice, indicando implicitamente come il suo lavoro non sia altro che raccolta di immagini. Un'allenatrice a bordo campo che non interferisce e non vuole interferire con il gioco. Nessuna premeditazione, nessun Ego, ma l'immagine filmantesi nelle interazioni dei personaggi sulla scena. Niente di più immediato, un immenso atto di amore nei confronti del cinema. Niente di più rivoluzionario e reale. Così, in una sorta di cruciale ritorno alla grammatica, Varda ci mostra alla fine le vicissitudini di Alain, un altro abitatore degli spazi a margine, che vive giornalmente di raccolta e di notte insegna la lingua francese agli immigrati, donando nuova vita e nuovo uso alle parole del linguaggio appunto.
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