Davanti all'Obelisco

Mi accorsi di essere stato ingannato, ma il mio corpo rimase inerte, aspettando che la spada brillante mi trapassasse il petto. Tempo dopo, divenni oggetto di leggende. Si diceva che il mio dio esistesse sin dalla notte dei tempi e che io avessi soltanto adempiuto alla sua sacra volontà. Alcuni, però, mi consideravano un impostore a causa del mio aspetto deforme, con una testa sproporzionata rispetto al corpo e una dentatura asimmetrica. Questi dettagli, tuttavia, aggiungevano soltanto mito al mito e forse erano giustificati dal fatto che ogni tradizione implica un tradimento. Non ero orgoglioso di essere considerato un mostro, ma accettavo queste "tradimenti narrativi" come una forma di redenzione per la mia empia azione.

Quando condussi la mia carcassa emaciata e fortemente provata dalle privazioni della carne, dalle alte pianure desertiche che circondano il mondo civilizzato fino a quel luogo, grande fu il mio stupore nel vedere una massa informe di genti, che si estendeva fino ai bordi della città, piegata e raggruppata intorno all'Obelisco. Questa tipologia d'uomini era straordinariamente resistente, per sette giorni potei osservare un uomo che, guadagnatosi una posizione privilegiata, rimase abbarbicato all'angolo di quella struttura, senza mai muoversi se non per bere, ma sempre attento a che quel posto conquistato con tanta fatica non andasse perso per la distrazione di un bisogno primario. Misurai grande la volontà di un uomo che per un tale lasso di tempo poteva rimanere attaccato ad un'impalcatura marmorea, considerando forse che doveva averne passati almeno il triplo ad attendere e a sgomitare in mezzo alla folla, solo poi seppi che per quegli uomini non c'era altra vita al di fuori di quella enorme piazza. Non si può dire poi esattamente che cosa facessero sotto quell'immensa stele, non riuscii a capire neppure quando mi fu spiegato.
Di certo non si può dire che pregassero, parlando con un cittadino seppi che la religione era considerata in quel posto uno stato embrionale della società, e che in quella città non c'erano più divinità da secoli, mi disse inoltre che i sacerdoti, i profeti e tutti i capi delle Chiese considerando ormai la loro attività frustrante decisero all'unanimità dopo un sinodo inter-religioso durato un anno di sciogliere per sempre le loro istituzioni e dopo di ciò alcuni di loro diventarono poeti, altri pittori, i più medici e guaritori.

Intanto registravo, con mia particolare incredulità, che la calca non dava mai accenno a diminuire, neppure la notte, quando un vento gelido da est sembrava tagliare di netto quei grappoli di teste dai loro corpi, che per parte loro rimanevano allo stesso posto impassibili, oranti senza preghiera.
Non posso poi omettere nella descrizione ciò che soprattutto e prima di tutto captai, ancor prima di vedere quella strana città, e che forse già mi istruì e mi ammonì a suo riguardo, e cioè l'ammorbante fetore di escremento che promanava da quella calca, che dovette certo essere pari a quello dell'Inferno, se mai anche loro ne avessero contemplato uno in passato. Nessuno poteva permettersi di abbandonare la propria postazione, quindi dalla posizione in cui era ognuno espletava le proprie funzioni corporali. Mi parve da subito chiaro come la realizzazione di una tale società comportasse l'obsolescenza di strutture inter-individuali quali la famiglia o lo Stato, ogni decisione sociale era presa nella contingenza degli incontri e corrispondeva ai parametri di sopportazione del vicino, la mutevolezza dei flussi intorno all'obelisco poi, rendeva ogni  decisione unica nel tempo e nello spazio. Al variare delle condizioni di vicinato, variavano anche le pratiche di diritto, in un metro quadro si potevano trovare una società di uomini che prediligeva una specie di democrazia, una l’aristocrazia, una l’oligarchia e una la monarchia, e a chi straniero chiedeva quali erano i confini dell'una e quali dell'altra e in quale giurisdizione si fosse arrivati, veniva risposto che da quando era arrivato lui, straniero, niente era più come prima, la sua presenza aveva scombinato tutti i codici, e ora andavano ricombinati.
Ogni gruppo fondava naturalmente la propria società secondo i rapporti di vicinato.
Spesso non mancavano tensioni. La mattina era il momento in cui avveniva il maggior numero di sommovimenti. Individui, generalmente volenterosi giovani, perché dotati di poca pazienza per le lunghe file, si facevano largo carponi tra la melma degli escrementi dei loro astanti, e spesso riuscivano a raggiungere postazioni lontane anche due miglia dal luogo di partenza, componente fondamentale per il felice esito dell'impresa era però certamente la buona disposizione d'animo dell'individuo di fronte al quale si sarebbe spuntati. In realtà il più delle volte questi non era affatto disposto a tollerare ciò che giudicava una grave mancanza di rispetto, e si assisteva ad un vero e proprio linciaggio pubblico, che però si preoccupavano subito di assicurarmi era perfettamente regolamentato, e si svolgeva secondo pratiche del diritto pubblico, dato che il diritto in quei luoghi procede sempre dopo la pratica e si trova sempre a ratificare stati di fatto o atti compiuti. Solo una regola era comune a quella specie d'uomini: non si poteva in alcun modo forzare la fila, né tentare in alcun modo di sorpassare il proprio astante, si doveva aspettare fino alla fine dei propri giorni, ci si conduceva sino all'Obelisco come ci si conduceva sino alla morte, solo che poteva capitare, ed anzi era certamente fatto più comune, di morire prima di essere arrivati all'Obelisco. Alcuni si lasciavano morire di stenti perché persuasi dell'Idea di non riuscire ad arrivare all'Obelisco, altri come un vecchio che conobbi tempo dopo, non avevano sposato l'idea della morte, ma avevano passato l'intera vita in una postazione, e non conoscevano le regole elementari del movimento, avevano infatti rinunciato “per troppo amore” all'idea di arrivare all'Obelisco e si erano fermati a contemplarlo da lontano, convinti che la vicinanza alla struttura rappresentasse una grave violazione morale. Tuttavia come seppi in seguito non potevano dire liberamente d'essersi arresi all'idea di arrivare all'Obelisco, pena la vita stessa, dopo i disordini provocati dall'antica “retorica della predestinazione”.                                                                              

Infatti molti secoli fa, così m'era stato riferito, aveva preso piede, da un profeta morto anni or sono in prossimità dell'Obelisco, senza però poterlo toccare, la teoria della predestinazione. Per sommi capi essa considerava l'Obelisco dotato di una presupposta “Sacra Volontà”, cioè le sue decisioni prese già nella notte dei tempi una volta per tutte rendevano inutili le progettualità umane, una volta per tutte erano infatti stabiliti pure i corpi di coloro che erano degni di arrivare all'Obelisco. Questa teoria, abbastanza radicata nelle convinzioni popolari, aveva condotto la massa fluida e scorrevole di un tempo ad un fango limaccioso e statico.                                    
Essa quanto più trovava convinti assertori della sua verità, tanto più paralizzava lo scorrimento. Se a questo poi si aggiungeva il fatto che da anni la speranza di vita era notevolmente migliorata, si poteva capire come fosse sempre più cosa di pochi arrivare all'Obelisco. Naturalmente quante meno persone arrivavano all'Obelisco tanto più si ingrandiva il numero di coloro che arrivarono a sposare la teoria della predestinazione. Solo che, se in un primo tempo l'atteggiamento tipico dell'uomo pervaso da questa teoria era una forma di pacifica rassegnazione, le successive generazioni, nate in una condizione di distanza dall'Obelisco incolmabile in una sola vita (si facevano perciò chiamare “gli ultimi”), animati da questa teoria, crebbero un odio ferino nei confronti dei privilegiati delle prime postazioni, che consideravano empi per via della superficialità con la quale erano adusi a toccare la sacra stele. Così ad un malcontento così generalizzato e comune seguì una rivolta violenta e barbara. In due giorni sanguinosi che i miei vicini ricordano come “le notti delle mazze ferrate”, i ribelli delle ultime file sterminarono centinaia di migliaia di uomini e donne che avevano la sola colpa di essere nati alcune miglia davanti a loro, con sedie divelte e bastoni chiodati. Una volta sedata la rivoluzione, i nuovi capi decisero di adottare accorgimenti al fine di favorire la fluidità e la scorrevolezza, e rendere l'accesso all'Obelisco un diritto inalienabile dell'uomo. Questi “accorgimenti” prevedevano l'introduzione ad entrambi i lati dell'Obelisco di due enormi forni a legna, nei quali ogni individuo avrebbe avuto cura di gettarsi passati sette giorni e sette notti a contatto con l'imponente struttura. Così per primi, i stessi capi della rivolta dopo aver dato quelle regole in sette giorni, dettero l'esempio e gettarono se stessi nelle fornaci. Fin di recente quel meccanismo aveva funzionato, anni fa era stato dismesso perché una violenta epidemia aveva dimezzato la popolazione, quindi, pena l'estinzione, erano stati costretti a disfarsi delle fornaci a legna, e con esse anche delle esecuzioni sommarie. Era stata quindi adottata una nuova istituzione: la lotteria.
Si credeva davvero nella lotteria. Molti studiosi ne studiarono il funzionamento applicato all'uomo, invece non riuscirono mai a radicarsi le speculazioni; i primi studi di statistica furono quasi subito abbandonati, mentre i maghi che tentavano di prevedere l'esito delle estrazioni vennero subito accecati, o peggio esclusi per l'intera esistenza dalla fruizione dell'Obelisco.
La credenza unanime in quella nuova istituzione diede adito a numerose narrazioni, alcuni dissero che essa fosse nata con l'Obelisco, questi rappresentava infatti “la Potenza vitale della Terra”, “Abbondanza della materia che combina e scombina i corpi sotto infiniti rapporti”; sua sorella naturale era allora “l'Arbitrarietà stessa delle infinite combinazioni”, “l'Affermazione del caso”, “la Lotteria”. Tutte le istituzioni di una data civiltà sono in fondo sempre spiegabili in una doppia polarità di ritualità e utilità che è un unico e solo “fatto totale”. Ogni azione utile si esprime sotto forma di rito, ogni rito si contrae in un'azione utile. Così in quel posto sotto l'egida di questo principio si era cominciato ad indire estrazioni non solo per le prime postazioni, che comportavano una fruizione diretta dell'Obelisco, ma anche per le seconde, le terze, ... eccetera fino alle ultime. L'istituzione della Lotteria così, attraversando le intricate e nebulose vie dell'istinto, permeava dentro i desideri più oscuri, fino a radicarsi permanentemente in quelle deboli coscienze.
Solo i numeri estratti potevano sostare temporaneamente vicino all'Obelisco. Le estrazioni erano periodiche. Il vincitore era tenuto a presentarsi entro un giorno dall'estrazione, altrimenti si sarebbe proceduto ad una nuova lotteria. Si sarebbe proceduto ancora alla lotteria anche in quei casi in cui il vincitore veniva improvvisamente a mancare, regola questa di recente introduzione. Il diritto di quel mondo prima contemplava infatti che il biglietto vincitore dovesse passare nelle mani di un parente quando si estingueva il legittimo proprietario, ma ci si rese ben presto conto che questo, oltre ad allentare ancora di più i legami familiari, faceva scoppiare vere e proprie faide che culminavano con l'estinzione di un intero ceppo sociale, non potendo perseguire dunque i parricidi, gli uxoricidi e i fratricidi si decise di applicare questa nuova regola. L'introduzione della lotteria era di sicuro un sistema molto efficace, ma certamente modificò di molto la disposizione mentale e la civiltà materiale di quegli uomini, il loro atteggiamento verso la vita si dotò di un crescente fatalismo, simile a quello che anni prima aveva condotto alla rivoluzione, ma più pervasivo. Se prima infatti il fatalismo era una credenza professata dagli “ultimi”, che nascondeva una forte avversione e un’ansia di rivalsa nei confronti dei gruppi più vicini all'Obelisco, ora quest'atteggiamento era l'espressione più sincera e spontanea dei moti dell'anima di quel popolo.
In quello strano posto l'interiorità del senso della Terra si legava intimamente all'esteriorità della casualità e della fortuna.
L'uomo modellava se stesso nella contingenza degli incontri, secondo i sorteggi egli poteva avere in sorte un vicino onesto o un truffatore, uno bello o uno brutto, uno sincero o uno mendace, ecc...Una cosa è certa di sicuro non poteva conservare a lungo legami stretti o di sangue, che già un sorteggio lo separava dagli affetti di un luogo destinandolo ineluttabilmente verso quelli ignoti di un altra postazione.
Tutto ciò provocò non poche conseguenze, prima fra tutte la crescita dell'inclinazione all'autosufficienza. Se da una parte ciò comportava una maggior inclinazione agli incontri, una ricettività meno traumatica delle emozioni, dall'altra notevolmente diminuita era la disposizione delle donne ad accoppiarsi, figuriamoci poi se questo doveva avvenire per “continuare la specie”. “Perché …”, questa fu la risposta di una donna che interrogai sull’argomento, “Perché mettere al mondo un figlio da cui sarei separata e a cui non trasmetterei nulla di me stessa fatta eccezione del codice genetico” .
In realtà le cose non stavano proprio così, le madri potevano infatti occuparsi dei propri figli fino al compimento del loro settimo anno di età, anno questo, in cui i ragazzi avrebbero dovuto affrontare il loro primo sorteggio e separarsi dall'amore materno.
Mi venne raccontato poi di un caso in cui due fratelli nati in momenti diversi dalla stessa donna furono sorteggiati nella stessa fila, in due postazioni adiacenti, i due non si riconobbero in un primo momento, ma dall'esame dei biglietti riuscirono a ristabilire la loro genealogia. Quest'episodio, di cui peraltro non è comprovata la verità, aumentò ancora di più la predilezione di quello strano popolo per gli incontri. Il biglietto della Lotteria infatti era univoco, ad ogni persona spettava uno ed uno soltanto dei biglietti, escludendo naturalmente ruberie e dissoluti mercanteggiamenti. Questo veniva realizzato in maniera tale che dalla matrice fosse riconoscibile la maternità, infatti questa era composta da una serie razionale di numeri in cui i primi due combaciavano con quelli della madre, sette quelli della data di nascita, il restante corrispondente al numero di nascita progressivo dall'adozione della Lotteria. Un duplicato dell’originale alla nascita di ogni individuo veniva posto all’interno della grande ruota da cui venivano effettuate le estrazioni.
Così capitava sempre di più, che i sorteggiati si affrettavano a raggiungere le loro nuove postazioni, protesi sui loro futuri incontri, ma anche nella speranza di ricostruire parte del loro passato. E' comunque probabile che episodi di tal fatta siano stati inventati a regola d'arte e messi in circolo dalle elités cittadine preoccupate del calo di nascite quanto del crescente individualismo, ormai imperante tra la popolazione.
Non mancavano di certo caparbi personaggi, minoranze, che credevano fortemente nel “libero arbitrio” ed escogitavano piccoli stratagemmi per sopravanzare ed ottenere un posto migliore, eludendo i sorteggi della Lotteria, ma quando scoperti, venivano uccisi sul posto, il più delle volte impiccati.
Se quelle barbarie viste e riviste mi avevano scosso non poco, e mi avevano reso poco incline al “mettermi in fila”, certamente reticente a questo mi aveva reso la macabra scoperta fatta alcuni giorni dopo. Appena alzatomi dalla siesta pomeridiana scoprii con orrore la terribile fine del mio vicino di fila, liberatisi infatti alcuni posti in terza e in quarta fila, in seguito alla fine della quarantena di una zona interessata dal perdurare di un'epidemia che aveva mietuto centinaia di vite, la folla si era riversata in avanti come un fiume che rompe gli argini e con la stessa fatalità aveva spazzato via e calpestato qualsiasi forma di vita disattenta o disinteressata a quella “promozione” insperata. Per mia fortuna i posti liberatisi erano relativamente decentrati dalla mia postazione, a ciò dovevo la mia vita, a ciò il mio vicino la sua morte.
La considerazione che persino un atteggiamento ligio alle “regole”, se quel gregge di pecore potesse mai averne avute, poteva portare alla morte, e per di più nel sonno, mi rodeva il fegato e tutte le interiora. Quella civiltà così barbara e brutale si era sviluppata secondo dei dettami che non comprendevano la ragione, pensai. Quando raccolsi il biglietto del mio vicino, non sospettavo né tanto meno bramavo che un inatteso sorteggio mi avrebbe portato davanti a quella divina montagna. Non potete certo immaginare la mia sorpresa e l'invidia dei miei vicini, a me fra centinaia di migliaia di uomini, unico forse, a cui non interessava la fruizione diretta dell'Obelisco, toccava quel massimo onore. Io riflettevo, completamente assorto, mentre mi dirigevo in prossimità della struttura, che finalmente avrei potuto conoscere la ragione per cui in quel posto ogni uomo sopporta tutte le disgrazie e le sfortune della vita. In verità rimasi proprio molto male quando, giunto in prossimità, al mio semplice tocco, quella imponente stele si disfece crollando in pezzi come una statua di sale. Un grande boato di urla accompagnò la caduta, la popolazione era nel panico più totale, ad alcuni, pochi che mestamente lasciavano il loro posto dirigendosi finalmente nelle loro case come sciolti da un incantesimo, si contrapponevano altri che correvano in tutte le direzioni e si laceravano la pelle con le unghie, altri si strappavano le vesti e avanzavano verso i ruderi completamente nudi, quasi ipnotizzati e increduli a quella visione, altri preferivano sfogare tutta la loro ira sui vicini e si accendevano enormi zuffe; e già il sangue si mesceva alla fanghiglia escrementizia.
Sbalordito in un primo istante cercai di allontanare ed esorcizzare le fantasie di quel momento, ma fin troppo scontata era già la mia sorte, gli ultimi zelanti seguaci dell’Obelisco avevano deciso la punizione, e non mi sorpresi affatto quando voltandomi vidi una lama brillante degli ultimi riflessi diurni che si dirigeva verso di me.
Quel popolo attraverso la Lotteria aveva scelto me, straniero, per soppiantare quell'ultima e antica Divinità. Per parte mia assolsi perfettamente al compito che solo un uomo differente da loro poteva portare a termine, ma per quanto ingannato, mi dolgo ancora di non potere assistere alle loro nuove istituzioni e alle loro continue modificazioni.

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