I Origins. Ma soprattutto sulle implicazioni di I Origins.

Giuro che nelle mie intenzioni, avrei voluto fare una semplice recensione, poi come al solito, non sono riuscito a frenare l'impeto dei pensieri, dunque necessiterete di tutta la vostra buona volontà per arrivare fino alla fine. Dunque iniziamo con un esperimento. Considerate il primo momento in cui avete visto un uomo o una donna che abbia suscitato in voi un insopprimibile e tormentato desiderio carnale. Se riuscite ad essere oggettivi e onesti nella disamina su voi stessi e sui vostri appetiti, quanto sto cercando di esserlo io in questo momento (alle due della notte), converrete con me che quasi mai l'oggetto del vostro desiderio si presenta nella sua interezza, ma, il più delle volte, come un composto o un aggregato di parti. 
Mi spiegherò meglio.
La maggior parte delle volte in cui proviamo attrazione per qualcuno, prima che tale attrazione si trasformi in un vero e proprio sentimento, siamo come sollecitati da una puntura di spillo, pizzicati da una parte del corpo dell'individuo che ci sta di fronte. Potrebbe essere la fossetta di un mento, la punta di un naso, l'asimmetria di una bocca, magari due occhi magnetici o la profondità di uno sguardo. Qualsiasi cosa sia, tale parte eserciterà sul vostro corpo una serie di reazioni chimiche e fisiche che condurranno il cervello a proiettare un'immagine più o meno adeguata dell'individuo che vi sta di fronte. Dico più o meno adeguata perché l'immagine che ne trarrete rappresenterà adeguatamente la signoria dello stimolo esterno sul vostro corpo, meno adeguatamente, e cioè più o meno verosimilmente, la realtà del corpo che avete di fronte. Dunque, l'immagine ricomposta del vostro lui o lei sarà necessariamente viziata da uno stimolo reale sul vostro corpo, ma proprio perché elaborazione vostra, non sarà che una proiezione artificiale del corpo che avete di fronte.
Questo spiega (in parte) perché perdiamo la testa di fronte all'oggetto del nostro desiderio, e perché carichiamo aspettative, speranze, illusioni, un altro individuo che, giustamente, spesso fatica a farsene carico e riconoscerle come proprie. Quello che questa teoria non spiega è per quale ragione riceviamo questi stimoli da un corpo esterno e per quale ragione ne siamo affetti.
Il film di Mike Cahill (sì finalmente ci sono arrivato!!) prova a rispondere a questo interrogativo. Un biologo molecolare conosce e si innamora perdutamente degli occhi di una donna, la perde in un bruttissimo modo, ma finisce inaspettatamente per ritrovare gli occhi di cui si era innamorato nello sguardo di una bambina indiana. Faccio ammenda per la banalizzazione della trama. Non sono mai bravo a fare riassunti e il film è tutt'altro che banale e anzi ne consiglio la visione, tuttavia vorrei venire al punto interessante che me lo fa considerare abbastanza originale.

Infatti, se la parte del corpo che ci sollecita, ci punge, affetta fatalmente il nostro corpo è eterna, come allegoricamente mostra Cahill (gli occhi sembrano, cioè, rinascere a nuova vita identici in un altro individuo), necessariemente essa ci invita anche ad un riconoscimento, cioè in qualche modo fa appello ad una memoria somatica, materiale prima che cosciente. Essere affetti da un corpo esterno, come Ian dagli occhi di Sofi, coinvolge necessariamente un processo biologico che sorpassa l'individuo cosciente e si interseca nel patrimonio genetico del corpo. Quasi che il corpo riconosca affinità prima della mente, facendo appello ad una memoria preindividuale, ad un indiviso patrimonio comune che presiede ad ogni principio di individuazione. Così gli occhi di Sofi ed Ian si ritroveranno reciprocamente in un altro tipo di amore, ma non meno puro dell'altro. Tutte le scienze e religioni sono astrazioni che non rendono ragione di questa tensione di ricongiungimento primigenio.
E se desiderare non è altro che riconoscere l'eternità del corpo esterno da cui siamo affetti, forse, innamorarsi allora, come esprime Ian a Sofi, non rappresenta nient'altro che quest'ansia spasmodica di attuare quel ricongiungimento con le parti di atomi a cui eravamo attaccati prima del big bang primordiale che ci ha irrimediabilmente diviso e, singolarmente e infelicemente, determinato. Soli.



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