L'universo duplicato

"Nothing is final because it seems all the while"
John Frusciante - Anne

Non era la prima volta che Julio Balthazar stringeva il cristallo tra le dita e lo portava di fronte agli occhi. Anche questa volta, come la prima, il mondo si sfaldava e si moltiplicava in un prisma di proiezioni. Era una sensazione che l'aveva sempre affascinato e spaventato allo stesso momento. Tutto conviveva pacificamente nella sua moltiplicazione, la sua mano alzata che salutava corrispondeva e si rispecchiava in altre mani simmetriche, identiche che lo salutavano nella medesima maniera, con lo stesso metro e la stessa cadenza. Era un mondo sicuro quello del cristallo, dove ogni elemento si sosteneva con l'altro e niente veniva meno. Questo significava anche, però, che nessuna entità poteva entrare dentro al cristallo senza che non venisse anche riprodotta e clonata, ogni elemento che entrava rimaneva imprigionato nella sua copia.
Quel giorno però le cose non andarono così lisce.
La mano che pose davanti al cristallo appariva solo in una facciata della pietra e non nelle altre, misteriosamente oscurate. In un primo momento pensò fosse un beffardo effetto di luci a giocargli un brutto scherzo. Allontanò e riavvicinò la pietra all'occhio a più riprese, finché quasi sopraffatto e soffocato dall'horror vacui, dalla mancanza di quelle abituali e care copie, lanciò il cristallo contro la parete, con la veemenza della collera che scioglie lo spavento. In quel momento, la paura di aver definitivamente perduto la pietra che conservava dall'infanzia, lo teneva ancorato al pavimento, sentiva quasi di aver compromesso tutto inevitabilmente. "Lo affido a te come il bene più caro" gli aveva detto la vecchia prima di tirare un lungo sospiro e chiudere gli occhi per sempre. Julio aveva sempre immaginato che lo sguardo della nonna fosse ancora dentro quel cristallo e che lo potesse vedere agitare la mano da qualche parte, in un'altra dimensione. Forse anche lei lo faceva, nel luogo dove era ora, e prima o poi Julio sarebbe riuscito a scorgerla nella selva delle sue mani che salutano, avrebbe finalmente incontrato le mani rugose della nonna che l'avrebbero accarezzato ancora sul viso e sul capo. L'immagine della nonna distesa ad occhi chiusi sul letto bianco, lo sollecitò come una puntura di spillo a lanciarsi alla ricerca della gemma di vetro. La trovò ai piedi del suo letto. La prese in mano, soppesandola. Né il peso né la struttura sembravano alterati dal colpo. Solo una lieve grettatura scalfiva l'artificio per tutta la sua lunghezza. Julio quasi in apnea, avvicinò la lastra vitrea all'occhio ancora una volta.


L'universo veniva moltiplicato ancora una volta attraverso il cristallo, ancora una volta ogni copia rendeva ragione dell'altra. Ancora il letto si rispecchiava nel medesimo e con esso tutte le sue parti, spalliera, cuscino, lenzuolo e coperta erano coperta, lenzuolo, cuscino e spalliera negli altri vetri. Come di consueto allora mimò il saluto con la sua mano, preparandosi a ricevere il saluto dagli altri mondi affini. Scoprì presto che ciò non accadde.
Uno schermo al centro ripeteva il suo sgomento, la faccia pallida, tirata senza respiro, trafelata dalla potenza della visione. Muovendo la pupilla a sinistra scorse in una lastra la potenza di una macchina ossimorica che con la freddezza del diamante abbinava le parole contrarie, qui poté sperimentare il freddo bruciante, conoscere l'ideologia della guerra santa, udire il suono di una parola muta. Nella lastra di destra tutto scorreva a ritroso, i suoi due figli, la sua ex moglie. il matrimonio, la guerra, il fidanzamento, il primo bacio, la nonna, il cristallo. Uno sguardo ancora al quadrante al centro e al suo volto, che si torceva tra rabbia, paura, tristezza, attaccamento affettivo e felicità. Sul quadrante in alto riconobbe le proprie mani in quelle insanguinate di Caino e dell'ultimo omicida, partorì il primo dolore di Eva e dell'ultima gestazione, visse il tradimento di Giuda e quello di Efialte alle Termopili e i loro successivi rimorsi, e poi il cristallo. In un angolo del prisma sentì il canto della sirena, sfuggì alle nove fauci dell'idra di Lerna, volò sopra il mare Egeo a cavallo di Pegaso, ed ancora il cristallo. Niente era a se stante, ogni cosa accadeva insieme, si ripercuoteva e si spiegava misticamente nell'altra. Anche nell'ultima immagine, quella sul quadrante più basso, dove nitidamente riuscì a scrutare un uomo colpito al petto da un dolore lancinante mentre osservava l'universo duplicato in un cristallo.
Nello stesso istante il cristallo scivolava dalla mano senza vita di Julio Balthazar, sulle pareti del cristallo, adesso, v'erano solo repliche del medesimo cristallo, moltiplicate per le repliche delle loro repliche.

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