France - Bruno Dumont

"C'è una speciale provvidenza anche nella caduta di un passero. Se è ora, non è a venire; se non è a venire, sarà ora; se non è ora, pure sarà a venire, essere pronti è tutto"

(W.Shakespeare, Amleto)



L'immagine è sempre volgare, disse Carmelo Bene in una delle sue ultime interviste sul cinema, con ciò faceva partire il suo attacco frontale al "cinema di Stato" sempre mediato, mai filmantesi, sempre filmato, e per questo prevedibile e organizzato. Dumont nel suo ultimo lavoro, assume la radicalità della critica di Bene e la applica all'immagine massmediatica dell'informazione, ne emerge una critica radicale inemendabile con cui faremo i conti per anni, forse per decenni. L'espressività scurrile dei segni del celebre mezzo busto televisivo France de Meurs di fronte alla conferenza presidenziale di Emmanuel Macron ci prepara perfettamente a ciò che sarà il seguito. La forma è il contenuto. Ovunque è sopraffazione e appropriazione dell'immagine e della parola. Ma niente è vero. La verità è che l'immagine è di chi se ne appropria di chi la costruisce e ne disegna le traiettorie, i tagli e i montaggi perversi, mai può apparire l'immediato come diceva bene Bene (sic!). Dappertutto è strategica organizzazione di set, traiettorie, e set del set, l'autocompiacimento del set. Tecnica di ritaglio e disegno per politici, opinionisti e telespettatori che si avventano su un immagine già modificata e già preparata, precotta per loro. Ma attenzione ad insegnare ad un culo a parlare, ci ammoniva Burroughs nel pasto nudo, perché presto il culo si approprierà anche del resto. Se ogni immagine è mercificabile anche la vita dell'anchorwoman di successo lo può diventare. Tutte le immagini hanno un potenziale mercificabile. Persino gli scenari di guerra divengono set, dove l'immagine è sganciata dalla catena che la lega ad altri significanti, rimossa, rimasticata, cacata e riagganciata ad un logos di ordine, di parole d'ordine. Almeno dalla guerra in Iraq, il mondo occidentale è stato sommerso da set e da scenari di guerra, da allora è tutto un proliferare di schermi sui quali appare un beota con un elmetto in testa che protende la sua mano dietro di sé e proferisce un generico "vedete". E noi, altri beoti, che vediamo un beota che ci chiede di vedere. Idiozia al cubo.

Ovunque l'immagine è riassunta e rimasticata, sempre modificata, sempre meno appartenente al reale da cui la si astrae. Mi sono ricordato di quando da ragazzo inveivo contro i documentaristi che non intervenivano a scacciare il leone che si avventava sulla zebra o sull'antilope, in seguito ho pensato che fossero eccellenti professionisti, oggi penso che siano produttori di immagini. Non si esce da questa logica. Solo l'equivoco, lo sbaglio madornale, per un attimo, sembra schiudere una possibilità, una ventata di aria fresca finalmente, ma subito dopo esso stesso è sussunto, elaborato, masticato e rieditato dal sistema. La curatrice di immagine di France non cessa di celebrare marcatamente successi e cadute della sua assistita. E non bastano le buone intenzioni, ci si può emozionare di fronte al salvataggio di una barca di migranti, persino fare il viaggio della speranza insieme a loro, ma ogni reportage non fa che reificarli dentro un servizio, dentro un prodotto televisivo, dentro un altro dibattito politico. Corpi senza vita, senza parola. Secondo Dumont, France de Meurs può persino credere e sentire ciò che racconta, ma la narrazione sarà sempre tutt'altro da ciò che irrimediabilmente il sistema mediatico sottrae al campo del visivo e ripresenta privato e annichilito del suo potenziale destabilizzante. Mentre lo si chiama per nome, lo si descrive, lo si categorizza, lo si didascalizza, ogni fenomeno attutisce e stempera tutta la sua portata eccezionale. "Un Mostro" proferisce France alla donna che ha convissuto 20 anni con uno stupratore seriale, mentre quasi con empatia le accarezza la mano, "è importante che abbia detto questa parola perché la gente capisca" (o qualcosa di simile), in realtà il servizio "verità" che metterà in piedi frutto di tagli e montaggi, servirà solo in maniera consolatoria a soddisfare l'occhio arrapato di altri spettatori di quella fiera pornografica, l'occhio di altri mostri. Non c'è nessuna immagine vera pare dirci Dumont, meno che meno quella della tv verità, e l'unica verità (la verità su tutte le verità) è dare vita e appropriarsi della vita. In fondo il mondo presente per il quale nutriamo qualsivoglia interesse non è altro che una finzione, per questo come France, più fatichiamo ad afferrarne i connotati, con maggior enfasi proviamo ad elaborarne istantanee.

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